Economia

Debito pubblico e politica: il mix esplosivo dell’Italia

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L’economia italiana cresce ma rimane schiacciata dalla spada di damocle del debito pubblico

L’economia italiana ha ripreso a crescere accelerando il passo nel 2017. Nel primo trimestre il Pil è salito dello 0,4% e a inizio settimana il Fondo monetario internazionale ha gratificato il Belpaese con una revisione al rialzo delle stime di crescita: 1,3% nel 2017 (contro lo 0,8% previsto in aprile) e 1% nel biennio 2018-2020.

Siamo dunque fuori da quel lungo tunnel nel quale ci eravamo infilati dopo lo scoppio della crisi finanziaria ma non è il caso di abbandonarsi all’ottimismo. Fuori da quel tunnel, infatti, piove. Ci vorranno ancora alcuni anni, sempre secondo l’Fmi, perché il reddito pro-capite degli italiani torni ai livelli precedenti la crisi. Nel frattempo rimangono sul tappeto tutti i problemi che conosciamo da anni: la produttività rimane bassa, la disoccupazione, sebbene in calo, è ancora alta soprattutto tra i giovani, un sistema bancario ancora in convalescenza e un debito pubblico al 132,6% del Pil.

La politica non aiuta

L’invito degli esperti del Fondo monetario internazionale alla conclusione della loro visita in Italia è di non abbandonare il cammino delle riforme strutturali, faticosamente seguito finora. Il quadro politico del nostro paese, tuttavia, non sembra in grado di rilanciare su questo fronte. Si discute, piuttosto, di sistemi elettorali e di elezioni anticipate.

Il Parlamento italiano
Il Parlamento italiano

“Le agenzie di rating – commenta Sandra Holdsworth, investment manager di Kames Capital – stanno guardando molto attentamente agli sviluppi politici che corrono il rischio di deludere ancora. La bocciatura della riforma del Senato lo scorso anno è già stato un passo indietro nel processo di riforma e la nuova legge elettorale non sta certo procedendo spedita, cosa che per il debito italiano significa volatilità nei prossimi mesi”.

Anche perché, è bene tenerlo presente, l’ombrello fornito dalla Banca centrale europea sta per chiudersi, anche se lo farà molto lentamente. È quindi giustificato lo sguardo prudente, o forse diffidente, di molti analisti finanziari sull’Italia.

Per Niall O’Leary, responsabile Fixed income per l’area Emea di State Street GA, la ricetta è semplice: “Riforme per rendere l’economia più dinamica, riduzione della burocrazia, semplificazione fiscale e, nei limiti posti dal debito pubblico, meno penalizzante”. Senza questi interventi “l’Italia potrebbe continuare a crescere ancora a lungo, lentamente, prima che il debito sovrano diventi un grande problema”.

Il pericolo debito non è incombente

Secondo O’Leary non ci sono pericoli immediati per l’Italia, nel breve-medio termine. Prima o poi, però, i nodi verranno al pettine. Nel frattempo l’Italia rimane un osservato speciale e i mercati del credito la penalizzano domandando un premio per il rischio maggiore. Lo spread attualmente varia tra area 180 e 200 punti ma potrebbe essere oggetto di improvvise accelerazioni se il panorama politico divenisse più confuso di quanto già non sia.

“Presto le carte saranno comunque scoperte – riprende Sandra Holdsworth -. Se si dovesse andare alle urne in autunno, lo si saprebbe entro il 3 settembre, ultimo giorno possibile per chiamare gli italiani a uno slot elettorale autunnale con voto il 22 ottobre. Il che vuol dire legge elettorale approvata entro luglio. Il voto non dovrebbe però spaventare poi così tanto: a prescindere da quando si terrà, è improbabile che una campagna euro-secessionista aiuti (il 67% degli italiani è a favore dell’euro, il 15% è contro) ma i mercati non smetteranno per questo di preoccuparsene. In questo contesto, a nostro parere, vengono a crearsi ottime opportunità per rimpolpare il portafogli: il suggerimento è comprare, aspettando che questa debolezza raggiunga il suo zenit e offra buoni punti di entrata, senza dimenticare l’ombra della volatilità”.