Economia

Spagna, Catalogna vittima di una aggressione: “Libertà sospesa”

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MADRID (WSI) – Sono scoppiati scontri e continuano le proteste contro il governo spagnolo in Catalogna dopo che la polizia ha eseguito un blitz nella sede dell’amministrazione catalana, effettuando 22 perquisizioni e arrestando 14 persone tra cui il segretario generale della vice presidenza della regione. Il presidente catalano Carles Puigdemont l’ha definita un’aggressione alla Catalogna, con la Spagna accusata di averne “autosospeso l’autonomia” e quindi la libertà.

La Catalogna potrebbe subire un impoverimento “brutale” se dovesse lasciare la Spagna, con un profondo calo della produzione economica. A spiegare gli effetti catastrofici se la regione dovesse decidere, a seguito del referendum, di rendersi indipendente dalla Spagna è stato il ministro dell’economia iberico Luis De Guindos in un intervista alla radio Cope, nel giorno in cui la polizia ha arrestato il viceministro catalano dell‘Economia Josep Maria Jove.

Consapevole dei rischi politici, anche alla luce dell’esito choc del referendum sulla Brexit di un anno fa, il governo nazionale iberico sta facendo di tutto per impedire che si svolga il voto popolare sull’indipendenza della Catalogna, ritenuto illegale. Le tensioni tra le autorità centrali e quelle catalane erano già molto alte prima che ieri le forze di polizia arrestassero Jové, segretario generale della vice presidenza della regione della Catalogna. La guarda civile ha arrestato in tutto 13 persone legate all’amministrazione della Catalogna.

I leader della Catalogna stanno violando l’ordine del tribunale spagnolo che ha vietato lo svolgimento del referendum sull’indipendenza, condannato dal governo di Madrid come un procedimento illecito. Dopo il raid della polizia un funzionario della Catalogna ha lanciato un appello per opporre una resistenza pacifica all’azione del governo: “È arrivata la nostra ora”, ha scritto in un tweet il presidente dell’Assemblea Nazionale della Catalogna, Jordi Sánchez. “Opponiamo una resistenza pacifica, difendiamo le nostre istituzioni”.

La Catalogna, che rappresenta un quinto dell’economia spagnola, grosso modo delle dimensioni del Belgio, ha indetto un referendum sull’indipendenza il 1° ottobre, ma Madrid e i tribunali spagnoli hanno dichiarato il voto illegale. Se il referendum non ha avuto un impatto sull’economia è perché i mercati finanziari non pensano che l’indipendenza catalana sia uno “scenario minimamente fattibile o accettabile“, ha dichiarato il ministro dell’Economia.

Governo: se Catalogna lascia Spagna, impoverimento brutale

“L’impoverimento generale della società sarebbe brutale. Il PIL potrebbe calare tra il 25 e il 30 per cento e la disoccupazione raddoppiata. Una Catalogna indipendente si troverebbe al di fuori della zona euro e il 75 per cento dei suoi prodotti sarebbe distrutto dai dazi, le banche dovrebbero  avviare la delocalizzazione e la regione dovrebbe creare la propria moneta (…) L’indipendenza della Catalogna sarebbe assolutamente irrazionale dal punto di vista economico”.

La Catalogna lamenta di pagare allo stato attuale miliardi di euro in tasse a Madrid ogni anno, più di quanto ottiene indietro in investimenti e servizi, ma tutto ciò potrebbe finire se la regione si dividesse dalla Spagna. Il governo della Catalogna stima di pagare a Madrid 16 miliardi di euro (19 miliardi di dollari) in più di quanto non ne faccia indietro, ovvero circa l 8,0% del PIL della regione.

Il governo centrale spagnolo, che utilizza un calcolo diverso, stima la cifra a circa 10 miliardi di euro, pari al 5,0% della produzione economica della Catalogna. La Catalogna, patria di circa 7,5 milioni di persone, ha un tasso di disoccupazione al 13,2% nel secondo trimestre, inferiore a quello del 17,2% registrato in tutta la Spagna. Il governo regionale filo-secessionista della Catalogna sostiene che con l’indipendenza la regione sarebbe in grado di decidere la propria politica fiscale e gli investimenti il che aumenterebbe il suo PIL.

In ogni caso il referendum non è certo che si farà. Puigdemont ha assicurato di si: “Manteniamo la convocazione del referendum del primo ottobre per difendere la democrazia di fronte ad un regime repressivo e intimidatorio” ha detto. “Ci difenderemo con le sole armi che abbiamo, la risposta pacifica e democratica dei cittadini” ha chiosato, denunciando “una aggressione senza possibilità di difesa legale e violentando la carta fondamentale delle Nazioni Unite“.