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Brexit, come muoversi sui mercati

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La decisione del Regno Unitio di avviare le procedure previste dall’articolo 50 ufficializza il divorzio dall’Unione Europea e autorizza l’inizio dei negoziati nel più breve tempo possibile. Che cosa significa questo per le imprese britanniche e quali rischi – o quali opportunità – possono nascere dalla Brexit? Se lo sono chiesti gli analisti di Legg Mason e di altre case d’affari come M&G.

La sterlina ha scontato le notizie e l’incertezza degli ultimi tempi, ma prezza già l’ipotesi di una linea dura e pertanto a meno di sorprese negative non dovrebbe patire particolarmente i prossimi due anni di trattative intense. La divisa britannica, come osserva La Stampa, “è stato il barometro principale sin dal referendum: la debolezza della valuta ha cominciato a impattare l’inflazione e a sollevare timori per le conseguenze sui salari netti. Le vendite al dettaglio hanno registrato buoni risultati nel complesso, ma il periodo di riferimento è secondo noi troppo breve per poter trarre conclusioni”.

A proposito di prezzi al consumo, sul versante obbligazionario, il consiglio è quello di accumulare bond legati all’inflazione. In generale la parola d’ordine dovrebbe essere quella di diversificare il proprio portafoglio di investimenti, con un’attenzione all’oro, bene rifugio per eccellenza, e invece massima prudenza sul comparto azionario.

Brexit, l’impatto sul mercato azionario

Nel mercato azionario, i settori dei beni discrezionali, dell’immobiliare (costruzioni edili) e dei servizi di pubblica utilità sono stati particolarmente sensibili, ed è probabile che rimangano tali.

La settimana scorsa, a nove mesi dal referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Europa, è arrivata l’attivazione dell’articolo 50 del trattato Ue. La Gran Bretagna dirà definitivamente addio all’Europa a marzo 2019. Le Borse non hanno reagito alla notizia, che era largamente inclusa nei prezzi. I principali listini europei sono addirittura cresciuti: il primo trimestre dell’anno si è chiuso con una forte risalita per le Borse.

Quanto all’azionario, Mark Whitehead, Head of Equity Income Martin Currie del gruppo Legg Mason, suggerisce di stare alla larga da alcuni settori particolarmente sensibili alla Brexit, come beni discrezionali, mercato immobiliare (costruzioni edili in particolare) e dei servizi di pubblica utilità.

“I primi due sono particolarmente vulnerabili a qualsiasi ulteriore contrazione sui redditi reali, mentre i margini dei servizi di pubblica utilità hanno risentito di un conto in sterline più salato sulle importazioni dell’energia”, dice l’analista in una nota.

I timori di un esodo delle società internazionali, che sarebbero intenzionate a trasferire le proprie sedi centrali, sono forse eccessivi, ma è ingenuo pensare che le condizioni attuali non subiranno alcuna variazione. Un esempio specifico è il recente avvertimento, arrivato dai piani alti dell’Unione Europea, secondo cui le compagnie aeree britanniche dovranno spostare la loro sede centrale se vogliono mantenere le rotte all’interno del continente europeo.

Dall’altra parte, “gli esportatori hanno beneficiato molto della debolezza della sterlina, ma potrebbe essere un vantaggio effimero se i negoziati si dovessero concludere con l’adozione di una linea dura (tra cui un ritorno dei dazi doganali) – ironicamente, una situazione che il mercato valutario sta già scontando”.

Brexit, che cosa aspettarsi?

La probabilità di una linea dura dei negoziati – ovvero l’uscita dal mercato comune europeo e l’unione doganale – sembra aumentare e i toni adottati finora suggeriscono che i politici stiano preparando i cittadini a uno scenario del genere.

L’esatto costo in termini monetari di tale separazione, per il governo di Londra, non è ancora chiaro – anche se i media hanno anticipato delle prime stime – e cresce il rischio che questo tema richieda molti sforzi in futuro, a spese di discussioni più importanti e complesse come quelle inerenti alle relazioni commerciali.

Per quanto riguarda l’agenda politica, non c’è alcun dubbio che i negoziati su Brexit distoglieranno l’attenzione dalle problematiche interne, nei due anni in cui questi si svolgeranno. Tra questi emergono gli ambiziosi piani di sviluppo industriale del primo ministro Theresa May, di cui uno dei pilastri è il rilancio degli investimenti infrastrutturali in settori come i trasporti, la banda larga e l’energia.

In breve, l’articolo 50 segna l’inizio di un processo di negoziazioni probabilmente movimentato e da Legg Mason si aspettano “diversi periodi di volatilità, via via che i mercati inizieranno a comprendere gli impatti sulle imprese. Cercheremo di sfruttare le anomalie di mercato che potrebbero nascere durante questa fase”.

Da parte sua, Steven Andrew, gestore del fondo M&G Income Allocation, sottolinea come lo scenario economico incerto in termini di previsioni ma accompagnato da dati concreti solidi non è per niente un cattivo segno per i mercati.

“Tanto le previsioni economiche che i prezzi degli asset implicano una visione più fosca riguardo al Regno Unito di quella espressa inizialmente all’indomani del voto, sebbene i fondamentali siano di fatto migliorati. Dovrebbe essere una constatazione incoraggiante per gli investitori: quando i mercati indicano che si sta dando più peso alle previsioni che ai fatti, spesso significa che i margini per una sorpresa sono più ampi”.