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Borsa Milano riaggancia 19.000. Ma Ftse Mib rischia scivolone fino a 18.400

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MILANO (WSI) – Borsa Milano è riuscita a riagganciare l’importante soglia psicologica dei 19.000 punti, complice il rimbalzo di Wall Street. Ftse Mib +0,60% a 19.020 punti.

Indici Usa in recupero dopo che alla vigilia il Dow Jones aveva perso oltre 300 punti, riportando il peggior inizio di febbraio dal 1982. Per il Nasdaq (-2,3%) è stato invece il peggior inizio mensile dal 1972. Da quando la Fed ha dato il via al tapering l’azionario è in rosso.

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Secondo Filippo A. Diodovich, market strategist presso IG Italia, il violento ribasso del Ftse Mib della vigilia si è tradotto nella rottura di “importanti supporti tecnici di brevissimo periodo in area 19050 (minimi della scorsa settimana), mettendo pressione ai sostegni a 18900, 50% del ritracciamento di Fibonacci dell’ascesa dai bottom del 16 dicembre”.

Di conseguenza, “l’eventuale cedimento dei suddetti riferimenti potrebbe creare i presupposti per una estensione del calo in direzione degli obiettivi ipotizzabili a 18650 e 18400”.

Durante la sessione odierna, Piazza Affari ha superato l’iniziale nervosismo che l’ha portata a oscillare nervosamente tra il territorio positivo e negativo, pagando il dazio per il sentiment pessimista in seguito allo scivolone dei listini azionari asiatici e statunitensi.

A Milano bene le banche: Banco Popolare (+1,69%), BPM +2,42%, Bper sotto pressione con -0,69%, bene invece Mps con +0,79%. Intesa SanPaolo +1,90%, Unicredit +1,12%, Ubi Banca +1,36%. Tra altri titoli Fiat (+1,68%), Saipem (-1,23), Telecom +0,81%. Balzo Yoox, +6,5%.

Spread fra Btp e Bund tedeschi +0,33% a 212,13 punti base, a fronte di rendimenti decennali +0,28% al 3,78%.

“Gli investitori dovrebbero stare alla larga dagli asset più rischiosi nel breve termine. L’impressione che abbiamo è che le turbolenze non siano finite qui e ci vorrà del tempo prima che lo facciano”, scrivevano in una nota gli analisti di Credit Agricole.

La regione asiatica è stata travolta dal selloff che ha visto Wall Street, nella seduta di ieri, vivere una delle sedute peggiori degli ultimi mesi. Le Borse di Hong Kong (-2,69%) e Tokyo hanno trascinato al ribasso l’indice della regione, che chiude ai minimi di cinque mesi. La piazza di Shanghai era ferma per il capodanno cinese. Tonfo dell’1,62% per Singapore.

L’azionario giapponese è in calo del 13,6% dai massimi di dicembre. Il premier Abe e il banchiere centrale Kuroda hanno tentato di impedire i cali ottenendo però l’effetto contrario con dichiarazioni del tipo: “La Banca centrale prenderà la giuste decisioni sull’exit strategy, ma non è facile cambiare le menti deflazionistiche”.

Alle parole del primo ministro hanno fatto eco quelle di Kuroda: “La Bank of Japan è in grado di avviare una politica di uscita dalle misure straordinarie di accomodamento monetario quando sarà il momento. Le misure hanno avuto l’impatto sperato finora”.

Il dollaro australiano si è reso protagonista di un bel balzo dopo le decisioni della banca centrale nazionale di mantenere invariati i tassi di interesse. In ripresa le valute dei mercati emergenti.

L’indice MSCI allargato della regione Asia Pacifico è sceso fino a -2,6%, il calo più accentuato da giugno. Il Topix giapponese ha lasciato sul terreno il 4,18%, entrando in una fase di correzione. In chiusura, l’indice Nikkei dei 225 titoli guida ha perso 610,66 punti toccando 14.008,47 punti.

Oggi è stata la prima occasione per il mercato di digerire i deludenti dati macro pubblicati in Cina e Stati Uniti. Pechino ha registrato la contrazione dell’industria manifatturiera più pesante in sei mesi. Delusione per l’Ism in Usa.

A questi elementi si è andata ad aggiungere la debolezza dei mercati in via di Sviluppo, che pagano le prospettive di una fuga di capitali, con gli Usa che da due mesi a questa parte hanno dato il via alla loro strategia di uscita dalle misure monetarie ultra accomodanti (Quantitative Easing).

Euro -0,15% a $1,3504; si blocca la corsa al rialzo dello yen che ha provocato anche severe correzioni sul mercato azionario di Tokyo. La divisa giapponese si è apprezzata del 3% in quattro sedute e solo oggi ha interrotto la crescita. Dollaro/yen +0,46% a JPY 101,43, euro/yen +0,26% a JPY 136,91. Rispetto al dollaro, lo yen aveva toccato ieri i massimi delle ultime 10 settimane. Euro/franco svizzero +0,34% a CHF 1,2222.

Tra le materie prime, lo zinco ha perso lo 0,3%, per la decima seduta in flessione consecutiva. Si tratta della striscia negativa più lunga da gennaio 1989. A gravare sui prezzi sono i timori di un calo della domanda proveniente da i due Stati consumatori principali di metalli: Cina e Stati Uniti.

I prezzi dell’oro virano in ribasso, con i futures con scadenza aprile che cedono lo 0,68% a quota $1.251,30 l’oncia. In recupero i futures sul greggio con consegna a marzo. Le quotazioni del petrolio guadagnano +1,07% a 97,46 dollari il barile.