Economia

Addio Tfr, via ai fondi pensione obbligatori

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ROMA (WSI) – Il governo pensa a potenziare il secondo pilastro. Nella Legge di Stabilità 2017 potrebbero arrivare importanti novità sul fronte delle pensioni, gli obiettivi sono noti: favorire la flessibilità del sistema. In particolare è stata oggetto di discussione nei giorni scorsi l’obbligo di destinare almeno una parte del Trattamento di fine rapporto (Tfr) ai fondi di previdenza complementare (in luogo del silenzio assenso che attualmente permette di sottrarsi a questo versamento).

Il tentativo, allo studio dell’esecutivo, è quello di aumentare il numero degli occupati attualmente iscritti a un fondo pensione: al momento la quota è inferiore al 30%. Se questa idea divenisse realtà sarebbero interessati qualcosa come 22-23 miliardi di euro all’anno.

Nel dettaglio, “il pacchetto di misure si muove su due fronti” spiega Studio Cataldi “da un lato introdurre l’obbligatorietà dell’adesione ai fondi pensione, che sarebbero resi più convenienti grazie all’alleggerimento della tassazione (di circa 3-4 punti) e l’aumento della deducibilità fiscale dei versamenti; dall’altro rendere obbligatoria la destinazione di almeno una parte del Tfr alle forme di previdenza complementare”.

Allo stato attuale la tassazione applicata sul Tfr lasciato in azienda è più conveniente (17% contro l’aliquota del 20% applicata sui fondi pensione), ma i rendimenti sono più modesti rispetto ai fondi (nel 2013 il confronto è stato del 5,7% contro l’1,9%).

Sul tavolo del governo impegnato in questa mini-riforma della previdenza ci sono anche almeno altri due dossier. Uno è quello del prestito pensionistico, che consentirebbe di uscire anticipatamente attraverso un prestito erogato dalle banche attraverso l’Inps, che poi verrebbe ripagato attraverso una decurtazione dall’assegno pensionistico una volta raggiunti i requisiti di vecchiaia.  L’altra possibilità in fase di studio è l’uscita anticipata, che potrebbe costare una riduzione dell’assegno del 3-4% per ogni anno di anticipo. Un intervento che per lo stato comporterebbe uscite più onerose nell’immediato, che potrebbero essere recuperate negli anni grazie al valore ridotto delle pensioni anticipate.