Economia

Italia, come far ripartire consumi e crescita

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Il traino della crescita italiana sul breve termine potrebbe essere l’export, ma da sole le 180 mila imprese non possono essere sufficienti a riportare un’espansione dell’attività soddisfacente. Un abbassamento delle tasse potrebbe essere un’altra via, ma è difficile da ottenere visti e considerati i vincoli di bilancio e il gigantesco debito pubblico della terza economia dell’area euro. Se le esportazioni e il Made in Italy non bastano per tornare a un’espansione del 2% annuo del Pil, dove altro si potrebbe andare ad attingere?

Dai consumi e in particolare da un “reddito di scopo” per un lavoro di scopo. Ossia un reddito che, “sommato a reddito, produca altro reddito”, una “ricchezza che acquista e genera altra ricchezza”: è la regola aurea che fa girare l’Economia dei Consumi di cui Mauro Artibani è uno dei principali teorici in Italia. Il concetto è che quando manca il lavoro, per compensare il danno, deve trovare remunero pure l’esercizio della spesa.

Economia dei consumi: i vantaggi per la spesa del reddito di scopo

Da un lato le aziende dovrebbero liberare quote di profitto e reinvestirle nella soddisfazione del cliente, dall’altro i lavoratori potrebbero accettare di aumentare la produttività sul posto del lavoro, ma soltanto in cambio di un incremento dei salari. Le buste paga italiane sono tra le più basse d’Europa e con questi numeri non ci si può aspettare un incremento sostanziale delle spese. Mettere al centro i consumi, invece, è secondo Artibani, che si definisce economaio e non economista, il punto cruciale per rilanciare l’economia e il benessere.

Wall Street Italia “l’economaio” ha spiegato i vantaggi economici per la spesa che genererebbero le sue teorie se venissero messe in pratica. La crescita si fa la spesa: così si genera reddito, dice. Le famiglie e i consumatori quando quella spesa fanno, ne fanno tanta: fanno il 60% del Pil. Al contrario dell’economia della produzione, quella dei consumi – che non viene insegnata nelle aule accademiche – si basa su una sovracapacità di offerta rispetto alla domanda.

Intervenuto alla trasmissione di Radio 24 condotta da Oscar Giannino, Artibani ha cercato di spiegare come si possono riallocare le risorse di reddito. È lì che sono contenuti i profitti d’impresa (la parte di remunerazione che l’impresa prende per compensare il rischio d’impresa, che va distinta dagli utili e che si è elevata con lo squilibrio creato dalla crisi, con eccesso dell’offerta e domanda in difetto) e che andrebbero convertiti verso chi con la spesa remunera: i consumatori.

Alla quota di profitto che remunera il rischio d’impresa, secondo Artibani, le imprese possono rinunciare, per trasformarla in un veicolo di stimolo per i consumi. Come? Liberando risorse da destinare al cliente, la soddisfazione del quale finirebbe per essere una win-win situation: più reddito a clienti e consumatori porterebbe a una maggiore crescita per tutti: è l’esempio di Ikea.

Ikea, gig economy e outlet: come migliorare potere d’acquisto

Ikea rinuncia a porzioni di profitto, ottenendo vantaggio competitivi e di utili. Come spiega Artibani vendendo mobili da montare, il colosso svedese permette a chi acquista di ricavare il prezzo più basso sul mercato, migliorando il potere d’acquisto. Altri casi analoghi citati dall’economista sono quelli dei quotidiani “Free Press”, offerti a costo zero agli angoli delle strade, il cui “core business” prevede prima l’acquisto poi la vendita dell’attenzione dei lettori agli inserzionisti pubblicitari. Così facendo si aumento il potere d’acquisto di: 1,5 €x 365= 547,5 euro l’anno.

Anche i gruppi della cosiddetta gig economy sono esempi di come liberare quote di profitto da reinvestire nella soddisfazione della clientela: Groupon, Groupaia e Social shopping, fanno utili “intermediando” tra un’offerta in eccesso e la domanda in difetto. Le imprese possono così ridurre ridurre i costi della sovraccapacità, mentre i consumatori ottengono coupon d’acquisto, per merci e servizi, con prezzi ridotti fino all’80%. Il potere d’acquisto migliora e con esso anche l’ottimismo, osserva Artibani.

Dal canto loro Airbnb e Uber, fanno profitto mettendo a disposizione piattaforme internet che consentono di trasformare i beni di consumo durevoli, posseduti e sottoutilizzati, in beni di investimento da mettere sul mercato. Guadagna chi offre, risparmia chi domanda. Tutti migliorano il potere d’acquisto. Non va poi dimenticato nemmeno l’esempio dei rivenditori outlet, che con i saldi permettono all’impresa sovraccapace di vendere l’invenduto, recuperando margini di guadagno, e ai privati di ottenere con gli sconti un miglioramento del conto del potere d’acquisto.

Nelle imprese tradizionali, scrive Artibani, “gli animal spirits si nutrono di più fatturato per fare più utili, non del taglio alla produzione. Per trovare i denari basta guardare il mutato rapporto capitalizzazione/lavoro tra le imprese di ieri e quelle “digitali” di oggi. Si scorge come il trasferimento della ricchezza disponibile in cassa, attraverso il remunero di quel poco lavoro che resta, sia del tutto insufficiente a fare tutta la spesa che serve”.

Una ricerca del 2013 dell’università di Oxford (firmata Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne) stima come il 47% dei lavori negli Stati Uniti siano a un passo dalla sparizione. Le cause citate sono: sostituzione con intelligenza artificiale, computer, robot e algoritmi. I due accademici riferiscono: “oggi le tre maggiori società della Silicon Valley capitalizzano in Borsa 1.090 miliardi di dollari con 137 mila dipendenti, mentre 25 anni fa le tre maggiori aziende manifatturiere americane capitalizzavano in tutto 36 miliardi di dollari impiegando 1,2 milioni di lavoratori”. Oggi, Apple, Facebook, Amazon, Netflix e Google, noti anche come FAANG, hanno aumentato il loro valore di mercato collettivo di oltre il 40% fino a raggiungere $3mila miliardi, ovvero circa un quarto del valore complessivo del Nasdaq.

Per sinterizzare il concetto, secondo Artibani, la strategia vincente è quella di generare risorse addizionali da girare a favore del consumatore: si avrebbe in questo modo un reddito superiore per tutti. “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera tutti”.

“Dentro l’economia dei Consumi, nella produzione si lavora per guadagnare; nell’esercizio di consumazione si deve aver guadagnato per poter lavorare”.

 

Mauro Artibani, detto l’Economaio, studia l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano. Autore del libro Professione Consumatore (2009) e del Decalogo del Professional consumer, ha in corso la redazione del Sillabario dell’Economia dei consumi, testo che riallinea le voci dell’economia al nuovo paradigma della produzione.